16 aprile 2015

Dr William Tiller, della Stanford University: “Tutto cio’ a cui una persona pensa con un un intento specifico, ha un vasto potere sul regno fisico, spesso in modi che non vengono notati”



Il potere del pensiero intenzionale e dell’azione deliberata è molto piu’ grande di cio’ che la piu’parte della gente crede. Uno scienziato della Stanford University afferma di aver accidentalmente trovato un modo per imbottigliare e immagazzinare questo intento per un uso futuro, anche quando le persone, che hanno vissuto l’esperienza originaria, non sono fisicamente presenti

 William-Tiller

Questo concetto un po’ metafisico è stato portato alla luce dal Dr. William Tiller, un ex accademico le cui riflessioni meditative lo hanno portato ad una insoalita scoperta :tutto cio’ a cui una persona pensa, pianifica o per cui si impegna, con un un intento specifico, ha un vasto potere sul regno fisico, spesso in modi che non vengono notati o che non sono pienamente compresi.
Nel 1997 William Tiller, ancora professore all’università di Stanford nel dipartimento di Scienza della materia e ingegneria, decise di fare un esperimento per vedere se l’intenzione umanapotesse essere “ingabbiata” e poi usata per influenzare un processo chimico.




Per fare questo utilizzò una semplice “scatola nera“, dalle dimensioni di un telecomando, e dotata di una memoria di sola lettura programmabile e cancellabile elettricamente. Il suo esperimento si sarebbe basato sulla presupposizione che i pensieri potessero essere “imprigionati” in un bit di memoria elettronica e in seguito “rilasciati” per influenzare il mondo fisico.

L’obiettivo scelto fu quello di cambiare il pH dell’acqua ( la misura di acidità o alcalinità di una soluzione),in quanto rimane all’incirca stabile ed è possibile rilevare anche cambiamenti piccolissimi. Un cambiamento di un’intera unità sulla scala del pH, rappresenterebbe un enorme cambiamento.


Tiller convocò quindi un gruppo di meditatori che, focalizzandosi intensamente sulla scatola nera per quindici minuti, impressero l’intento di cambiare il pH dell’acqua aumentandolo e diminuendolo di un’intera unità.

La scatola nera con l’intento, fu poi avvolta da Tiller in un foglio di alluminio e messa in una gabbia di Faraday (contenitore in grado di isolare l’ambiente interno da un qualunque campo elettrostatico esterno). Tiller preparò anche una scatola nera “di controllo” dove non era stata impressa alcuna intenzione.

Le scatole furono poi spedite in un laboratorio a duemilaquattrocento Km. di distanza, senza specificare quale delle due fosse quella “impressa”. Una volta nel laboratorio, fu condotto uno studio utilizzando delle provette piene d’acqua.

L’esperimento ebbe un successo straordinario. Infatti le provette che vennero in contatto con la scatola nera “impressa“, modificarono il pH aumentandolo o diminuendolo di un’unità mentre il pH delle provette che furono esposte alla scatola nera di controllo, rimase invariato.


Tiller riuscì così a dimostrare che l’intenzione può essere “ingabbiata” attraverso la focalizzazione.

Ognuno di noi più o meno consciamente modella la realtà in cui vive, ma solo pochi attivamente. Come afferma Joe Dispenza, uno dei maggiori esperti sul cervello a livello mondiale: “Il mondo subatomico risponde alla nostra osservazione, ma la persona media perde l’attenzione nell’arco di sei-dieci secondi”. Quando la mente è libera dal rumore e viene a riposare nel silenzio, l’intenzione è focalizzata, coerente, non è dispersa tra pensieri ed emozioni contraddittorie e quindi l’azione diventa chiara ed efficace. Oggi possiamo dire che la scienza lo dimostra.

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14 aprile 2015

Il parere di un importante chirurgo: nelle esperienze di pre-morte c’è la prova del distacco anima-corpo

Lloyd William Rudy, importante cardiochirurgo morto nel 2012, ha riportato uno dei casi più emblematici di esperienza di pre-morte: un paziente, dichiarato morto da almeno venti minuti, ritorna alla vita raccontando in dettaglio tutto ciò che aveva visto

 Il dottor Rudy pensa che questo caso, insieme a molti altri, sia la prova del possibile distacco dell'anima dal corpo al momento della morte.



Nel corso degli ultimi anni, alcuni ricercatori olandesi hanno raccolto più di 70 casi sulle esperienze di pre-morte (Nde), registrando i racconti di persone che avrebbero lasciato i loro corpi e osservato scene poi descritte con impressionante precisione.
I dettagli di ciò che hanno visto (le azioni dei medici in ospedale, per esempio) si sono rivelate corrette, fornendo alcune delle prove più significative sull’esistenza della capacità mentali extracerebrali.
Titus Rivas, Anny Dirven e Rudolf Smit hanno pubblicato questa serie di registrazioni in un libro in lingua olandese intitolato “Wat een stervend brein niet kan” (Ciò che un cervello morente non può fare).
Come riporta The Epoch Times, in un caso riferito dal chirurgo cardiaco Lloyd W. Rudy (1934-2012), un paziente dichiarato morto da almeno venti minuti è incredibilmente ritornato in vita. Non solo è stato insolito il suo ritorno alla vita, ma anche il racconto del periodo in cui è stato morto sfida tutte le spiegazioni razionali.
Il dottor Rudy si è laureato alla Scuola di Medicina dell’Università di Washington, è stato preside del “Programma Cuore” presso la Scuola di Medicina dell’Università della Georgia ed è stato membro della primo team di trapianti di cuore presso l’Università di Stanford.
Il dottor Rudy e il suo assistente Roberto Amado-Cattaneo, avevano eseguito un intervento chirurgico per sostituire una valvola cardiaca infetta. L’infezione aveva causato al paziente un aneurisma e l’uomo poteva essere tenuto in vita solo tramite un respiratore automatico.
Verso la fine dell’intervento, la situazione è precipitata e il paziente non ha dato più cenni di vita. Rammaricati, i chirurghi hanno quindi redatto il certificato di morte, hanno informato la moglie dell’uomo del suo decesso e hanno spento i macchinari.
«Alla fine dell’intervento, i chirurghi avevano dimenticato di spegnere la macchina che misura alcune funzioni del corpo quali la pressione del sangue. Inoltre, poco prima che il paziente morisse, avevano introdotto nel suo corpo un lungo tubo con un sensore all’estremità per rilevare con precisione determinate funzioni, come il suo battito cardiaco», scrivono i ricercatori olandesi.
«Rudy e il suo assistente si erano già tolti i camici, i guanti e le mascherine ed erano in piedi davanti alla porta aperta. Stavano discutendo su cosa che avrebbero potuto fare e su quali farmaci avrebbero potuto somministrare al paziente per salvarlo. Erano ormai trascorsi circa venti o venticinque minuti da quando il paziente era stato dichiarato morto.
Improvvisamente, è sembrato esserci come un’attività elettrica… Rudy e il suo assistente hanno pensato che potesse essere l’effetto di una sorta di convulsioni cardiache, tuttavia l’attività è aumentata fino a divenire un battito cardiaco, prima lento poi sempre più veloce».
Nessuno aveva fatto niente per rianimare il paziente da quando era stato dichiarato morto: il risveglio era stato spontaneo. Ci sono voluti un paio di giorni perché il paziente riprendesse conoscenza, tuttavia il recupero è stato completo, senza alcun segno di danno cerebrale.
«In passato, avevo sperimentato alcune situazioni in cui i pazienti si erano ripresi da uno shock lungo e profondo, tuttavia queste persone erano ancora in vita, in questo caso invece l’uomo era morto», ricorda il dottor Amado-Cattaneo.
Come con molte persone che hanno riferito di aver lasciato il corpo durante una Nde, il paziente ha descritto una luce brillante alla fine di un tunnel. Tuttavia, sono gli avvenimenti che ha osservato all’interno dell’ospedale che incuriosiscono coloro che cercano di verificare scientificamente le esperienze di pre-morte.
Il paziente ha raccontato di aver visto i dottori Rudy e Amado-Cattaneo parlare, ha descritto con precisione la loro posizione nella stanza e il fatto che stessero con le braccia incrociate sul petto e ha visto l’anestesista entrare nella stanza.
Ancor più interessante, racconta di aver visto il monitor del computer nella postazione di una infermiera con dei post-it attaccati e allineati uno sopra l’altro. In effetti, l’infermiera aveva annotato sui foglietti adesivi alcuni messaggi telefonici per il dottor Rudy e li aveva disposti proprio in quel modo.
«Rudy precisò che il paziente non avrebbe potuto vedere i foglietti degli appunti prima dell’operazione. Ovviamente, il modo in cui i post-it erano stati disposti sul monitor era differente da quello in cui erano collocati su altri computer e il paziente non avrebbe potuto indovinare l’ordine in cui erano stati attaccati», scrivono gli autori.
Rudy concluse che il paziente doveva realmente essersi trovato fuori dal suo corpo, perché altrimenti non avrebbe potuto descrivere le circostanza in maniera così precisa. A suo avviso, la coincidenza o la semplice preveggenza non possono essere delle spiegazioni realistiche.
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Anche il dottor Amado-Cattaneo non riusciva a spiegarsi il fenomeno. Ha confermato che il paziente ha descritto con precisione gli eventi e che, dal momento che i suoi occhi erano tenuti chiusi con del nastro per proteggere la cornea durante l’operazione, non poteva aver visto niente.
Le macchine che stavano monitorando i suoi segnali vitali funzionavano perfettamente, il suo cuore si era fermato e non ha mostrato segni di respirazione per almeno venti minuti.
Rivas e Smit concludono affermando che la raccolta di tali prove aneddotiche stia rendendo sempre più difficile archiviare questo tipo di casi come semplice suggestione.

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